Odontoiatria Conservativa
L’odontoiatria conservativa è quella branca dell’Odontoiatria che si occupa di ripristinare l’integrità degli elementi dentari che hanno perso parte della loro struttura. Essa è volta alla prevenzione, alla diagnosi, al piano di trattamento ed alla riabilitazione delle patologie che coinvolgono i tessuti duri del dente (smalto, dentina, cemento), quali la carie, le abrasioni meccaniche (errato spazzolamento), le erosioni chimiche (azione degli acidi) e, entro certi limiti, l’usura dentaria (parafunzioni, bruxismo, serramento, digrignamento). Il trattamento viene effettuato attraverso la rimozione dei tessuti cariati o danneggiati e la ricostruzione delle cavità per mezzo di materiali da otturazione (resine composite, cementi vetro-ionomerici).
Il termine conservativa indica, appunto, un approccio mini invasivo che mira al rispetto delle strutture dentali residue. L’integrità di un elemento dentario può essere compromessa da eventi traumatici o più frequentemente da processi cariosi. Gli eventi traumatici (cadute accidentali, incidenti automobilistici o infortuni sportivi) interessano prevalentemente gli elementi dentari anteriori.
Qualora le cavità presentino dimensioni notevoli, è possibile realizzare restauri adesivi con tecnica indiretta (intarsi), realizzati, cioè, dal laboratorio odontotecnico. Nel caso di denti devitalizzati, le moderne tecniche adesive permettono di impiegare perni in fibra di vetro o di quarzo cementati all’interno dei canali radicolari, al fine di incrementare la ritenzione dei restauri coronali.
L’Odontoiatria Conservatrice, inoltre, si occupa delle procedure di Sigillatura, ossia della chiusura dei solchi e delle fossette occlusali dei denti maggiormente preposti alla masticazione (premolari, molari) per mezzo di resine adesive fluide, in particolare nei bambini e negli adolescenti.
La carie
La carie dentaria è un processo destruente a carico dei tessuti duri del dente (smalto e dentina) causato da molteplici fattori: microorganismi, dieta ricca di carboidrati fermentabili dai batteri e predisposizione individuale.
I batteri sono i principali responsabili di questa patologia. Fondamentale è il ruolo svolto dallo Streptococcus Mutans. Tale microrganismo, infatti, ha la capacità di legarsi ed aderire intimamente allo strato di proteine salivari che si deposita sulla superficie del dente (pellicola salivare acquisita), successivamente altre forme microbiche (lattobacilli, spirochete), aderiscono al dente sfruttando i ponti realizzati dallo S. Mutans. Lo streptococco Mutans è, inoltre, in grado di produrre, a partire dal glucosio introdotto con la dieta, grandi quantità di polisaccaridi, detti glucani. I glucani si depositano negli spazi intercellulari e contribuiscono alla formazione della placca mucobatterica: un aggregato di batteri, matrice extracellulare e cellule dell’infiammazione. I batteri, nutrendosi dei residui alimentari (principalmente zuccheri), sono in grado di produrre metaboliti a pH acido che demineralizzano lo smalto.
In seguito a tale processo lo smalto viene ad assumere un aspetto opaco (white spots). Le white spots sono il primo stadio della lesione cariosa: se non vengono individuate e trattate in tempo, il processo di demineralizzazione che le ha originate prosegue dando origine a una lesione cavitaria. Quando lo smalto viene totalmente oltrepassato, i batteri incontrano la dentina, tessuto con maggiore contenuto organico e attraversato da canali microscopici detti tubuli dentinali. In questa fase il processo carioso può procedere più speditamente e diventare cavitato, se la matrice dentinale viene completamente distrutta. Questo spiega perché si ritrovano tipicamente cavità ampie in dentina con accessi coronali smaltei molto limitati. È questo il momento in cui la carie diviene tipicamente sintomatica, poiché, attraverso i tubuli dentinali lo stimolo microbico arriva direttamente alla polpa dentaria.
Schematicamente possiamo suddividere le cavità cariose in sei classi dette di Black:
- I classe: cavità che interessano la superficie masticatoria (occlusale) di premolari e molari, i forami ciechi a livello vestibolare o linguale dei molari e le fossette di incisivi e canini.
- II classe: cavità che interessano la superficie interprossimale di premolari e molari.
- III classe: cavità che interessano la superficie di incisivi e canini, senza interessamento dell’angolo incisale.
- IV classe: cavità che interessano la superficie interprossimale di incisivi e canini, con interessamento dell’angolo incisale.
- V classe: cavità del terzo gengivale delle superfici vestibolari e linguali di tutti i denti.
- VI classe: cavità che interessano le cuspidi dei molari.
Come si diagnostica un carie?
Nei primi stadi la carie dentaria è asintomatica. La diagnosi, in tale fase, può essere casuale ed effettuata esclusivamente dal dentista all’ esame obiettivo del cavo orale, durante il quale la carie si presenta come un’ alone scuro o una macchia brunastra.
Una volta individuata, viene provata la consistenza della lesione cariosa con una speciale sonda, detta specillo, per differenziarla da pigmentazioni causate da fumo, alimenti o bevande colorate. Molto importante è l’ esame radiografico per diagnosticare, invece, carie localizzate in zone non visibili, quali zone interdentali o recidive cariose (carie sviluppatesi al di sotto di vecchi restauri). Infatti limitando la diagnosi al solo esame visivo, parte delle lesioni cariose può sfuggire al controllo clinico.
Quando il tessuto cariato coinvolge gli strati più profondi della dentina fino a quelli immediatamente soprastanti la camera pulpare, dove cioè sono racchiusi vasi e nervi, il processo carioso dà origine al “mal di denti”. La sintomatologia algica può essere scatenata da stimoli fisici (caldo e freddo) e chimici (zuccheri) o essere spontanea, cioè insorgere in assenza di stimoli.
Il mal di denti è un segnale d’allerta che deve spingere immediatamente il paziente a sottoporsi ad una visita dentistica.
Se il dolore viene trascurato, il processo carioso prosegue fino a scatenare pulpiti o ascessi: evenienze in cui una semplice otturazione non è più sufficiente per porre rimedio al danno creatosi.
Quali sono le sequenze operative per realizzare un’ otturazione?
Possiamo schematicamente riassumere la cura di una carie dentaria con tecnica diretta in 6 fasi:
Anestesia
Per garantire l’ assenza di dolore durante la cura di una carie è spesso necessario effettuare l’anestesia locale.
Da un punto di vista chimico si distinguono due classi principali: gli esteri e le amidi. Gli anestetici locali attualmente impiegati in odontoiatria, come la lidocaina, la mepivacaina e l’articaina appartengono tutti alla classe delle amidi, molecole meno allergizzanti rispetto agli esteri.
Le tecniche di anestesia possono essere tronculari (tecnica che anestetizza l’intero tronco nervoso, utilizzata per lo più all’arcata mandibolare) o plessiche (anestesia del plesso nervoso in corrispondenza del dente da trattare, usata principalmente all’arcata mascellare);
Isolamento con diga di gomma
La diga di gomma è parte integrante del protocollo operativo.
Questa fase serve a garantire l’isolamento del dente dalle altre strutture anatomiche del cavo orale, onde evitare danni a quest’ultime, o contaminazione del campo operatorio da parte di saliva, fluidi orali e lo stesso respiro del paziente durante le procedure operative.
Preparazione cavità
Si esegue, in questa fase, l’asportazione di tutto il tessuto rammollito e quindi cariato, preservando il più possibile il tessuto sano residuo.
Adesione
L’adesione permette di legare intimamente il materiale da restauro alla struttura dentaria.
La tecniche di adesione smalto-dentinale si realizzano mediante 4 step:
- Mordenzatura, ovvero trattamento con acido ortofosforico al 37% del tessuto dentario. Tale procedura permette di rimuovere i residui di smalto e dentina depositatisi dopo la preparazione della cavità (smear layer) e creare le microritenzioni che sono alla base dell’adesione dei materiali compositi.
- Disinfezione della cavità mediante clorexidina digluconato 2%. Tale sostanza, usata largamente in odontoiatria, permette un’accurata disinfezione della cavità e migliora l’adesione.
- Applicazione dell’ adesivo vero e proprio che consente di creare dei legami chimici tra il dente e il materiale da restauro da restauro
Preparazione cavità
Consiste nel riempimento della cavità ripulita mediante incrementi di resina composita. Ogni incremento viene indurito (polimerizzato)mediante l’ irradiazione di una luce azzurra (270nm), che innesca una reazione chimica, dovuta alla presenza nelle moderne resine composite di una sostanza fotosensibile.
Durante la stratificazione del materiale è fondamentale ottenere un buon adattamento del materiale al fondo della cavità; il ripristino di un adeguato punto di contatto* del dente con gli elementi adiacenti; una modellazione del restauro che riproduca correttamente l’ anatomia dell’elemento dentario ed infine un colore quanto più possibile simile all’ elemento dentario residuo e a quelli adiacenti. In quest’ultima fase può rendersi necessaria l’applicazione di supercolori per riprodurre le pigmentazioni o le caratteristiche dello smalto presenti sugli elementi dentari contigui, dando così maggiore naturalezza al restauro.
*Punto di Contatto. Si realizza posizionando le matrici sezionali con anelli retainers. Queste matrici, appositamente nate per l’odontoiatria adesiva, consentono di ottenere efficaci punti di contatto con gli elementi dentari contigui. Un punto di contatto efficace evita l’ accumulo di cibo negli spazi interdentali (food impaction) ed evita,di conseguenza, infiammazione della papilla interdentale o l’ instaurarsi di una nuova lesione cariosa.
Controllo occlusale, rifinitura e lucidatura
L’ultima fase è quella in cui si controlla il contatto dell’elemento dentario col suo antagonista, apportando eventuali modifiche. In questa fase, mediante frese e gommini si rifinisce e si lucida il restauro onde evitare ritenzione di placca e ottenere la massima resa estetica del restauro.
Sostituzione di una vecchia otturazione
Anche per la sostituzione di una vecchia otturazione è necessario applicare prima la diga di gomma. Soprattutto se si rimuovono vecchie otturazioni in amalgama serve a prevenire l’ingestione dei residui tossici di amalgama ricca di mercurio durante la sua rimozione con una fresa.
Per la rimozione invece di vecchie otturazioni in composito dato che queste spesso si mimetizzano molto bene con il resto del dente per cercare di essere conservativi e rimuovere solo l’otturazione senza rimuovere tessuto sano, la rimozione del vecchio composito va effettuata sotto ingrandimento (Microscopio, occhialini ingrandenti) con l’aiuto di fonti di luci UV che evidenziano il materiale da otturazione rendendolo fosforescente.
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Autore Lia Roberto
Odontoiatra specializzata in Odontoiatria Conservativa e Pediatrica, iscritta all’ordine il 24/11/2009, con N° TO 0776 e membro della SIOI (Società italiana di Odontoiatria Infantile). Dal 2008 a tutt’oggi è interna del Reparto di Odontoiatria Pediatrica dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, diretto dal Prof. A. Ingenito, svolgendo attività clinica e di ricerca.